Il tracciato ferroviario Palermo-Camporeale
Forse non tutti, anzi probabilmente in pochi, sanno che l’area verde del parco, così come buona parte del tessuto cittadino, è attraversata da un vecchio tracciato ferroviario mai completato e messo in funzione, ma del quale rimangono diversi resti visibili, anche molto affascinanti sotto il profilo storico ed architettonico.
Si tratta dell’antico tracciato ferroviario Palermo-Salaparuta, anche conosciuto come Palermo-Camporeale, poiché il sedime è stato effettivamente realizzato solo fino a Camporeale (PA). La linea doveva collegare il capoluogo siciliano, dalla Stazione Lolli, a Salaparuta, in provincia di Trapani.
Storia del tracciato
Tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX secolo la rete viaria siciliana si presentava certamente inadeguata al crescente sviluppo economico e sociale dell’isola, ed in particolare insufficienti erano i collegamenti fra le aree costiere e l’entroterra, dove sorgevano diverse attività estrattive. Fu in questo periodo, così, che di decise di ampliare la rete ferroviaria, prevalentemente a scartamento ridotto, rendendo la Sicilia una fra le prime regioni italiane per estensione di questo tipo di rete ferroviaria.
Il primo progetto della linea, che risale alla fine dell’800, prevedeva il collegamento diretto fra Palermo e Trapani, poiché le due città all’epoca erano collegate dalla linea a scartamento ordinario aperta nel 1881, che però spingendosi fino a Mazzara del Vallo e Castelvetrano, rendeva il viaggio estremamente lungo. Il nuovo tracciato a scartamento ridotto (cioè con la distanza fra i binari di misura inferiore a quella ordinaria) doveva invece raggiungere senza notevoli deviazioni Trapani, intercettando Monreale, Altofonte, Piana degli Albanesi (all’epoca Piana dei Greci), San Cipirello, Alcamo e Calatafimi. Nel corso degli anni venti del ’900 però si pensò ad un collegamento a scartamento ordinario da Alcamo in poi, con la creazione di un doppio scartamento (ovvero con l’aggiunta di un terzo binario per lo scartamento ordinario). I lavori della ferrovia nel frattempo proseguivano.
Fra il Fra il 1928 ed il 1930 il progetto però viene stravolto notevolmente cambiando al sua destinazione finale. Il tracciato, dopo San Cipirello, invece di proseguire per Alcamo, fu deviato decisamente a Sud verso Camporeale e una volta raggiunto, doveva inoltrarsi nella Valle del Belice, passando per Poggioreale e terminando ala stazione di Salaparuta, sita sulla linea Castelvetrano-San Carlo alla quale il nuovo tracciato doveva congiungersi. Così la ferrovia prese il nome di Palermo-Salaparuta. Nel tratto tra Camporeale e Salaparuta i lavori, però, non iniziarono mai. Furono ultimati solo 65 km dei previsti 85,254 km.
La realizzazione del sedime non fu mai portata a termine e si arrestò, alla fine degli anni ’20, a poca distanza da Camporeale, così la linea, oggi, è nota, come si accennava, anche come Palermo-Camporeale. Alcune foto d’epoca testimoniano che la linea fu armata dei binari tra Palermo e Monreale nel periodo anteriore alla seconda guerra mondiale, lo stesso periodo in cui era in funzione la Tranvia di Monreale. La posa venne però sospesa prima che si giungesse a Monreale ma fino agli anni ’50 ci furono intenzioni di completamento, mai avvenuto. Forse anche qualche tratto dopo Monreale è stato armato (anche solo con delle traversine). È possibile anche che la posa parziale dei binari sia servita ai fini propagandistici-fascisti. Alcuni binari rimasero sul sedime fino agli anni Sessanta.
Riguardo lo smantellamento dei binari, e più in generale l’abbandono dei lavori, si sono andati formando due tesi. C’è chi pensa che lo smembramento sia avvenuto prima della Seconda guerra mondiale, a causa della guerra in Eritrea dove doveva essere sviato il materiale d’armamento pronto per la Sicilia, dunque attorno al 1935. Altri sostengono che lo smantellamento si sia avuto, invece, dopo la Grande guerra, quando ci fu la tendenza ad abbandonare tutti i progetti di conclusione delle linee a scartamento ridotto.
Oggi a distanza di più di un secolo dal progetto originario e a più di cinquantenni dall’abbandono dei lavori, diversi sono i segni visibili che si possono rintracciare e riscoprire sul vecchio percorso. In alcuni tratti, il tracciato è perfettamente riconoscibile, in altri invece si è perso del tutto a causa della moderna edificazione o della conversione a strada. Sono presenti, inoltre, diversi manufatti di interesse storico e architettonico, quali le stazioni (come quelle di Uditore, Baida, Monreale, Altofonte) diverse case cantoniere (tra cui quella di Uditore), diversi ponti (tra cui il più famoso è senz’altro quello che a tutt’oggi sovrasta la borgata palermitana di Boccadifalco, e che ne è diventato di fatto se non il simbolo almeno un elemento caratterizzante della borgata stessa) e varie gallerie. In taluni casi alcuni manufatti sono stati restaurati recentemente (ad es. la stazione di Monreale è diventata sede dell’ASL).
Durante l’ultima guerra le numerose gallerie site lungo il tratto nei pressi di Altofonte furono utilizzate come polveriera, col rischio di esplosioni, in particolare durante la ritirata dell’esercito tedesco, che fortunatamente mai avvennero, così lasciando integre le gallerie che oggi testimoniano, insieme agli altri manufatti, quel grande progetto viario.
Le sorti dopo l’abbandono dei lavori
Il sedime del tracciato ferroviario oggi esistente si estende per ben 65 km, e fu realizzato, insieme a tutti i manufatti che lo corredavano, in meno di 6 anni (?). Si può solo immaginare il grande sforzo lavorativo che fu richiesto all’epoca, in un tempo in cui il lavoro era certamente più manuale che meccanizzato. Inoltre, bisogna ricordare che la linea attraversava quelli che all’epoca erano grandi tratti di aperta e isolata campagna (oggi in parte urbanizzata) e dove ogni manufatto doveva spiccare quasi come un monumento alla moderna tecnologia.
Dopo l’abbandono del progetto il tracciato ha cominciato il suo naturale declino, per essere prima smembrato, poi urbanizzato, e infine dimenticato. In molti, oggi, camminano su quella vecchia linea ferrata senza neppure saperlo, altri guardano con curiosità le vecchie stazioni, le case cantoniere, i ponti e le gallerie sparse sul territorio, che rappresentano un importantissimo repertorio di archeologia industriale. La memoria umana è ormai andata perduta, e rischiava di perdersi anche quella documentale senza il lavoro di chi con passione ha cercato di recuperarla.
I beni del tracciato che nel 1971 erano ancora liberi (cioè già non vendute dalla Ferrovia ai privati, spesso ai dipendenti) sono state cedute gratuitamente ai Comuni, il cui territorio era attraversato dalla linea, con la legge 30 luglio 1971, n. 491 (GU n. 193 del 31/07/1971), che all’articolo 8 bis detta testualmente: «Le aree e relativi immobili che risultano liberi in conseguenza della soppressione della linea ferroviaria a scartamento ridotto Palermo-Salaparuta sono cedute gratuitamente ai comuni secondo la rispettiva competenza territoriale. Tali aree ed immobili saranno utilizzati esclusivamente per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria o per altre opere di interesse pubblico. »
Le cessioni delle aree dal Demanio dello Stato ai comuni non è stata però automatica, essendo necessaria la relativa formalizzazione (ad. esempio, il verbale di consegna al Comune di Monreale sarebbe datato 22 giugno 1992, e quindi sarebbe successivo di ben 21 anni alla promulgazione della legge).
Le sorti dell’antica linea Palermo-Camporeale, dopo l’abbandono, come di molte altre, sono state diverse ma sempre poco felici. In alcuni casi il tracciato, già segnato e di proprietà pubblica, è stato convertito in strada carrozzabile, così in molti tratti risulta asfaltato e viene oggi regolarmente percorso dalle auto. In altri casi, nel corso del tempo, le aree sono state acquisite (per concessione o addirittura abusivamente) da privati, che se in alcuni casi hanno beneficiato delle strutture in modo conforme al loro uso, in altri hanno adattato alle loro esigenze i manufatti esistenti, manipolandoli o addirittura distruggendoli. Paradossalmente, invece, nei migliori dei casi le aree e i beni sono stati abbandonati, rimanendo così segnati dal tempo ma ancora integri nel complesso e oggi riconvertibili a usi più equi e forse più riguardosi del passato.
Il tratto in prossimità e all’interno del Parco
Alle spalle di Parco Uditore, superata l’attuale Viale della Regione Siciliana, proseguendo ipoteticamente Via G. Paisello, il tracciato è stato convertito in una strada privata percorribile per 100 metri circa. Proseguendo, la linea penetra in una zona di lottizzazione a villette della quale costituisce parte della viabilità interna, curvando e disponendosi parallela al vicino canale di Passo di Rigano (oggi interrato sotto la via U.R. 15 in quel tratto).
Oltrepassata Via L. Bernini, il tracciato attraversa una grande area adibita a parcheggio privato nella quale, anche qui, costituisce viabilità interna.
Sorpassando Via Uditore, di fianco a Via Aci, si giunge così al casello dell’Uditore, posto fra l’attuale via omonima e Via Camillo Camilliani, probabilmente in corrispondenza del passaggio a livello con quest’ultima via, che al tempo della costruzione della ferrovia era la vera Via Uditore. Il casello, in buono stato di conservazione ed attualmente abitato, è perimetrato da una staccionata in stile ferroviario realizzata all’epoca.
Superato il casello e la Via Camilliani, quasi parallelamente a Via Aci (sotto la quale scorrono le acque del canale Passo di Rigano) il tracciato prosegue rettilineo fino a Via B. Angelico, in una strada privata per circa 100 metri, prima di essere inglobata in alcune zone sede di attività commerciali (ad es. un concessionario di automobili).
Oltre la via Beato Angelico, il tracciato entra in quella che oggi è l’area verde del Parco, penetrando brevemente in un terreno privato, dove sono visibili alcuni resti dell’antica massicciata. Superata Via Pozzo, il tracciato entra in un’area sportiva di campi da tennis, costituendone il confine settentrionale e quindi prosegue rettilineo in aperta campagna. Qui è possibile ammirare l’antica stazione dell’Uditore, attualmente occupata da privati.
Il fabbricato è però stato manomesso, in quanto sono state aggiunte nuove strutture in un secondo tempo. Il rivestimento in tegole del tetto non è più l’originale e mancano i comignoli. L’edificio originale doveva essere dotato di tre luci sul prospetto. Subito dopo la stazione, in discreto stato di conservazione, è visibile il muretto di quell’epoca che delimitava il piazzale della stazione stessa, per un tratto di circa 200 metri, fino ad incontrare l’attuale Viale Leonardo da Vinci, dove tracciato e muretto si interrompono bruscamente.
Dopo il Viale Leonardo da Vinci, lasciato il quartiere Uditore ed entrato a Passo di Rigano, il tracciato è ancora visibile ma inglobato in terreni privati, costituendo il confine e l’accesso fra i due agrumeti.
La linea ferroviaria supera così Via Evangelista di Blasi, dove l’uscita è marcata da una discontinuità nel muro di cinta poiché all’epoca già esistente, continua su un angolo di verde privato e oltrepassa la Via Agordat, percorrendo quella che oggi è la Via Dogali, sulla quale alcune abitazioni private, evidentemente collocate a loro tempo a ridosso del tracciato, hanno una facciata allineata al percorso. Dalla Via Dogali comincia il lungo percorso, ad Ovest, verso Monreale.